Dino e Nicola Palloni
L'IMPONENTE ED ENIGMATICO CASTELLO DI ILLASI
analisi tipologica
ed ipotesi sulle fasi di formazione
Il
castello di Illasi, attualmente, è costituito da una cinta di mura
grossolanamente ovoidale, all'interno della quale una porzione è delimitata
da una seconda cinta che si appoggia ad una torre maestra e ad un
palatium, disallineati fra loro, che l’assoluto parallelismo di tecniche
costruttive induce ad attribuire alla medesima fase costruttiva. L'imponenza
e lo stato di conservazione di questi ultimi, nonostante una data di
costruzione che, al più tardi, riteniamo di ascrivere al XIII secolo,
rendono il castello un'opera di assoluto interesse, degna di ulteriore
indagini ed il parere è più autorevolmente espresso anche da Settia, col
quale abbiamo effettuato un sopralluogo. Nel centro nord dell'Italia,
infatti, è rarissimo incontrare castelli così antichi e nello stesso tempo
così conservati, perché le distruzioni ed i recuperi di materiali, ma
soprattutto gli ammodernamenti, medievali e successivi, hanno quasi sempre
alterato irrimediabilmente la facies originaria.
Probabilmente l'eccezionale stato di conservazione è dovuto alla permanenza
nei secoli della presenza signorile, dapprima come residenza e quindi come
accessorio del parco della villa, ciò che ha impedito il saccheggio dei
materiali. Inoltre le condizioni politiche della zona non hanno,
evidentemente, consigliato importanti ammodernamenti e la robustezza stessa
delle strutture non ha reso necessari grandi lavori finché la funzione
militare non ha perduto di rilevanza. Infine, la famiglia proprietaria ha
spostato, all'inizio del Seicento, la propria residenza altrove, senza
seppellire il castello all'interno di più grandiose strutture.
Cinta esterna.
La cortina esterna è in cattive condizioni e la terminazione non è più
leggibile. L’ingresso è realizzato in muratura di grande pregio, con
predisposizione per una saracinesca di un tipo particolare, diffuso
prevalentemente in area veneta.
La grata della saracinesca infatti rimaneva in vista anche quando era
innalzata, invece di scomparire in una scassa della muratura come di
consueto. Perbellini menziona otto torri a filo, delle quali cinque
sopravvissute.
Un'immagine del 1439-1440
mostra la cinta esterna rafforzata da torri quadrate, apparentemente
sporgenti, in realtà, ed un prezioso libro del 1905
riporta la presenza di un'ulteriore cinta esterna.
Mastio.
La torre maestra, quadrata con lati di 10.59 metri per un'altezza di
trentadue,
nasce con solai lignei, alcuni dei quali sostituiti successivamente con
volte in laterizio, ed al piano inferiore è provvista di un grande vano
parzialmente interrato con funzioni di immagazzinamento materiali ed
inferiormente di cisterna d’acqua come suggeriscono le ben visibili
condutture di adduzione ai quattro spigoli interni. L’ingresso originario è
coperto da un arco a tutto sesto ed è posto, come di consueto, a quota
elevata, ma sorprendentemente si apre verso la corte grande, non verso
l'interno della rocchetta. La cima del mastio presenta una decorazione a
fasce di laterizio alternate alla pietra ed una terminazione a cornice
sagomata. Già in epoca romana nei paramenti in pietra l’alternanza con
strati in muratura era usata come legante dell’ intera struttura (opus
mixtum), ma qui i motivi di tale scelta costruttiva sono piuttosto di
natura estetica.
Palatium.
L’elemento, però, di maggior spicco e di straordinario interesse è il grande
palatium, misurante venti per venticinque metri, con murature da 2.75
a 3.20 metri di spessore.
L’edificio è diviso in due da un muro di spina, per accorciare le travi dei
solai lignei del primo piano.
Piano terra. Il piano inferiore presentava
originariamente due ingressi muniti di saracinesca e di porte a doppio
battente, dei quali restano i cardini in pietra e gli scassi dei perni
inferiori, nonché gli alloggiamenti delle sbarre di chiusura a scomparsa.
Nel muro di spina si apre un enorme arco a tutto sesto, cosicché il piano
terra è costituito da un’unica grande sala poco illuminata da alcune
aperture rivolte verso l’alto. La funzione di questa sala resta dubbia,
perché la scarsa illuminazione indurrebbe a ritenerla un locale di servizio,
cucina e sala del seguito, ma non si riscontrano tracce delle usuali
predisposizioni murarie di queste funzioni, come camino, rifornimento
d’acqua, lavello e latrine.
Il grande pregio formale e l'elevata altezza interna, d’altronde,
suggerirebbero invece una funzione di rappresentanza, contraddetta però
dall’apparente assenza di scala per il piano superiore e di finestre di
dimensioni adeguate. Solo uno scavo archeologico potrebbe chiarire questo
dubbio, come molti altri relativi al castello.
Piano intermedio. Sono evidenti gli scassi
del solaio di un piano a soppalco aggiunto in seguito al piano inferiore.
Primo piano. Al piano
superiore il muro di spina delimita una sala e due “camere”, testimoniate
dalla presenza di due camini ed una coppia di porte d’accesso posti sullo
stesso paramento trasversale. Sul lato opposto alle porte si scorge
un’apertura che conduce, oggi, al balcone su aggetto in laterizio che
supponiamo di epoca scaligera, ma che originariamente, supponiamo, dava
accesso ad una o due latrine in spessore di muro, come suggerito anche dalla
presenza di condotte verticali di scarico visibili ai piedi del paramento.
Un’altra straordinaria caratteristica del palatium è la chiara
testimonianza di una balconata continua sui lati Sud ed Ovest, alla quale si
accedeva dalla porta sopraelevata sul lato ovest.
Coperto. Il tetto del palatium, a
quattro acque, poggiava le sue falde sul piano del cammino di ronda e
l’acqua di pioggia fuoriusciva tramite una serie di apposite aperture
praticate alla base del parapetto merlato; la mancanza di apparato a
sporgere fornisce un terminus ante quem, individuabile nella metà del
XIV secolo.
Cinta della Rocchetta.
Il nucleo della Rocchetta
era costituito dal palatium, dal mastio e dalla torre a filo che si
trova all’angolo nord. Apparentemente alla rocchetta si accedeva tramite tre
ingressi: uno tra il mastio e la torre a filo, uno, forse posteriore, tra il
mastio e la cinta esterna ed uno, poi ostruito, sul lato corto del palatium
prospiciente l’interno della cinta esterna. Sorprendente l'apparente assenza
di difese dell'ingresso principale.
Scarpa
della torre e del palatium. I due elementi principali sono dotati di
un'importante scarpa che ha occluso l'ingresso basso del palatium sul lato
est, successivamente riportato in luce in breccia.
Ipotesi di attribuzione cronologica alle varie fasi di costruzione
Non esistono tracce documentali dettagliate delle fasi che hanno distinto
l'evoluzione del castello, ad eccezione di una Bolla di Nicolò IV del 1289
che attribuisce il castello ad Ezzelino da Romano, e dobbiamo quindi
desumere la successione degli interventi dalle caratteristiche degli edifici
visibili oggi, utilizzando analogie delle tecniche costruttive e
sovrapposizioni murarie successive, se non per avere date certe, almeno per
stabilire una successione coerente dei vari elementi dell’intero complesso
fortificato. Come spesso accade in questi casi una campagna di scavi
archeologici potrebbe dare una risposta definitiva alle nostre domande.
Esponiamo, innanzitutto, alcune considerazioni:
1)
Le dimensioni e la pregevole fattura del mastio e del palatium,
indicano una eccezionale importanza del committente. Nel tempo si notano
migliorie ed ammodernamenti molto onerosi, come l’aggiunta alla base del
palatium dell’enorme scarpa in pietra.
2)
Un altro fattore eccezionale in uno schema costruttivo coerente e
riconoscibile quali quello del mastio e del palatium è l'elevato
spessore della muratura. Un tale dispendio di risorse è quasi da
interpretarsi come ulteriore elemento di ostentazione da parte del
proprietario del castello.
3)
Le torri a filo, così chiamate perché sono semplicemente degli innalzamenti
della muratura negli snodi più vulnerabili, sono utilizzate sporadicamente
dal XIII fino alla metà circa del XIV secolo. In un’ottica difensiva tali
punti della cinta diventavano più “forti” ma dalla metà del Trecento in poi
sarà pratica comune far sporgere le torri dal normale muro di cinta per
consentire ai difensori di poter colpire anche ai fianchi l’assediante che
si trovasse in prossimità delle mura.
4)
In una struttura residenziale come il palatium spicca l'assenza di
tracce delle cucine. Tale caratteristica, usuale nei castelli federiciani,
fa ipotizzare che tali attività fossero svolte in cucine da campo o
piuttosto in ambienti esterni al palazzo signorile (forse per allontanare
rischi di incendio ?).